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Troppi social, poche relazioni.

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  • 12 nov
  • Tempo di lettura: 2 min

Leonardo Becchetti (professore ordinario di Economia politica presso il Dipartimento di Economia e finanza dell'Università di Roma Tor Vergata ) con il suo commento su facebook all'articolo che Mauro Magatti, sociologo ed economista, professore ordinario di Sociologia all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, ha pubblicato sul Corriere della sera dell'8 novembre scorso,

ci invita a fare attenzione al rischio di rafforzare il "together alone" ovvero dell'essere connessi ma soli. Una traccia di pensieri per definire percorsi di recupero delle relazioni per ritornare a guardarsi negli occhi e all'ascolto reciproco.


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L’articolo di Mauro Magatti sul Corriere della Sera fotografa una trasformazione silenziosa ma profonda: la disaffiliazione. Una società in cui cresce la distanza tra le persone — non per conflitto, ma per assenza. Sempre più individui vivono soli, incontrano meno gli altri, e trasferiscono le relazioni su piattaforme digitali.È la trama sociale che si sfilaccia: meno prossimità, più connessione virtuale. Non è un fenomeno nuovo. Già Robert Putnam, nel suo celebre “Bowling Alone” (2000), mostrava come il declino del capitale sociale negli Stati Uniti indebolisse la democrazia e la fiducia collettiva. Oggi, la rivoluzione digitale moltiplica quell’isolamento, rendendolo più silenzioso e più pervasivo. Le evidenze empiriche lo confermano. Il recente studio di De Neve et al. (“Eating Alone”, Oxford, 2024) mostra che chi mangia da solo (numeri in forte crescita) riporta livelli più bassi di soddisfazione di vita e benessere soggettivo — un effetto che persiste anche controllando per reddito, salute e occupazione. La convivialità resta un predittore robusto di felicità, più del livello di consumo o del potere d’acquisto.Anche la medicina l’ha capito. Come ricorda Silvio Garattini, la solitudine negli anziani non è solo un disagio emotivo: è un fattore di rischio di mortalità, al pari del fumo o dell’obesità.Numerosi studi epidemiologici — da Holt-Lunstad et al., PLOS Medicine (2015) a Steptoe et al., PNAS (2013) — mostrano che l’isolamento sociale aumenta del 25–30% il rischio di morte prematura. La rete relazionale, invece, ha un effetto protettivo sulla salute fisica e cognitiva. La nuova sfida è culturale e politica. Smart working, intelligenza artificiale, piattaforme e bolle algoritmiche rischiano di rafforzare il “together alone”: connessi ma soli. Serve un cambio di paradigma: investire in spazi fisici di incontro e reciprocità (quartieri, scuole, cooperative, comunità locali);riconoscere il valore economico e sociale della cura e del tempo condiviso come bene relazionale; promuovere politiche del ben-vivere accanto a quelle del ben-produrre. La felicità non è un algoritmo né un like, ma la ricchezza delle nostre relazioni e dei nostri legami che tiene insieme persone e società. Investire in ricchezza relazionale oggi è un valore straordinario per la nostra vita personale e professionale... Come economia civile, manifesto del rinascimento economico e piano bi abbiamo messo l'intelligenza relazionale al centro del nostro lavoro riconoscendo nel suo principio la radice della soluzione di molti dei problemi di oggi...

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