Siamo alle solite
- direttore

- 30 ago 2020
- Tempo di lettura: 3 min

Più si avvicina la data fissata per il rientro a scuola, rinviato già da molte regioni dal 14 al 24 settembre e forse oltre ( "non siamo pronti", "il turismo" , "le elezioni", "l'aumento dei contagi" ), e più aumenta il numero di coloro che ritengono di sapere tutto di organizzazione scolastica.
Così inizia la riflessione di Caterina Gammaldi pubblicata su face book il 28 agosto 2020.
Sono passati circa sei mesi dalla decisione necessaria che ha sospeso le attività didattiche a causa della pandemia e si è continuato a pensare esclusivamente al qui e ora, senza una prospettiva.
Ora occorreva garantire i dispositivi per la DaD, ora bisognava monitorare l'accaduto, ora bisognava rimodulare le attività didattiche redigendo piani per le attività integrative e per il recupero, ora bisognava aspettare il rapporto degli esperti e redigire il piano per la sicurezza, ora si dovevano dare indicazioni per la valutazione finale e per gli esami, ora si dovevano garantire supporti e arredi e nessuno ha pensato che la scuola non vive solo di ludi cartacei.
Intanto tornava ad aumentare il numero di contagi e si spostava l' attenzione alla nuova emergenza sanitaria, a seguito dei ritorni dai viaggi all'estero e dalle vacanze.
E ora settembre è arrivato e ancora i bambini, i ragazzi, i loro genitori, gli insegnanti non sanno, se non dai giornali e da qualche ordinanza, le modalità in cui avverrà il rientro a scuola.
Mi sono chiesta molte volte in questi mesi dove fosse finita la riflessione sull'insegnare e sull'appfendere, sul curricolo, sul sapere della scuola. Ne abbiamo parlato in tanti inascoltati.
Tutti hanno continuato a sostenere che la scuola era ed è una priorità, che non ci sarebbe più stato un ritorno alla DaD se non in forma integrata e solo qualora ci fossero state nuove situazioni di emsrgenza, magari limitate a una sola classe.
Intanto alcuni esperti dalle prime pagine dei quotidiani attaccavano i ragazzi che vivono in periferia definendoli untori e i sindacati perché chiedevano che i rientri fossero in sicurezza per gli studenti e per i lavoratori.
Poco ho da aggiungere sui governatori che emanavano o minacciavano ordinanze contro i migranti e non si ponevano i problemi della scuola del loro territorio.
Solo ora qualcuno si accorge che in troppe realtà del nostro paese esiste il problema dei pendolari (studenti e insegnanti) e una rete viaria dell'800 con collegamenti risibili per chi deve spostarsi nella città più vicina per andare a scuola (prevalentemente in età di obbligo di istruzione o di scuola superiore), per non parlare dei bambini di scuola primaria e di scuola media, che si muovono dalle contrade e nell'ambito dello stesso comune, a cui va assicurato il distanziamento negli scuolabus e la mensa, per non parlare delle città medio - grandi in cui bambini e ragazzi sono costretti a fare i turni, in mancanza di spazi.
Si chiede agli insegnanti di essere seduti in cattedra, agli studenti nel proprio banco con mascherina se non si riesce a garantire il distanziamento fisico mentre una parte è a casa collegato on line o impegnato in attività integrative.
E il diritto allo studio che prevede di norma sul territorio nazionale un monte ore annuale per ciascuna disciplina? E gli apprendimenti fondati sulla relazione educativa?
Credo che ce ne sia a sufficienza per impensierire e porsi problemi di non facile soluzione.
Non è accettabile che il sapere della scuola sia risolto nell'approccio spiegazione-interrogazione-voto, fondato sulla competizione e sulle classifiche, secondo i principi di una scuola che seleziona e esclude.
Poco si sa delle attività integrative a saldo dei debiti formativi fra porzioni di programma da completare e corsi di recupero per i più deboli, del nuovo patto di corresponsabilità educativa da redigere e deliberare.
Aspetti su cui mantenere alto il livello di attenzione se non si vuole solo fingere la scuola e la partecipazione di chi ha la responsabilità di educare e istruire.
Penso che dovremo riflettere e a lungo su quello che hanno perso in questi mesi in esperienza conoscitiva bambini e adolescenti. Il ritorno a scuola, quando sarà, non è per tutti gli studenti un ritorno alla normalità. Penso ai bambini che entrano per la prima volta in una scuola dell'infanzia, ai ragazzi che si avviano a frequentare la scuola media o la scuola superiore. Esperienze forti che segnano le relazioni, cariche di emozioni e timori. Dopo l'estate, in cui tutti hanno fatto esperienza di gioco all'aperto, nuotate, escursioni, campi estivi, passeggiate e chiacchierate con gli amici, feste ....la scuola dovrà essere restituita in tutta la sua bellezza, ovvero nel dialogo e nell'incontro. Ne va del nostro futuro



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