La difficile arte di essere gentile
- direttore

- 13 nov 2020
- Tempo di lettura: 3 min

Cerchiamo di non sottovalutare mai il peso educativo che hanno il nostro sguardo e il nostro sorriso.
Da giuntiscuola.it di oggi, 13 novembre 2020, riportiamo l'intervento di Franco Lorenzoni (maestro elementare e insegna a Giove, in Umbria. Nato a Roma nel 1953, nel 1980 ha fondato ad Amelia la Casa-laboratorio di Cenci, un centro di sperimentazione educativa). "Credo che la nostra voce sia un elemento fondamentale da tenere in gran conto nella cassetta degli attrezzi che ciascun insegnante dovrebbe poco a poco costruirsi. Il maestro Mario Lodi sosteneva con acume che “per educare alla democrazia bisogna partire dalla parola gentile”. Quanta cura, attenzione e sensibilità c’è in questa affermazione.
La gentilezza è postura delicata, impossibile da apprendere senza un contesto in cui la si incontri e la si sperimenti concretamente. Eppure sappiamo quanto sia fondamentale nelle relazioni reciproche e quanto si nutra della nostra capacità di modulare ed essere consapevoli degli effetti che provoca il nostro tono di voce. Ecco dunque che il nostro modo di utilizzare la voce ha a che vedere con l’attitudine che prestiamo nell’ascoltare e nell’entrare in relazione con gli altri, dunque con il fondamento dell’educazione che ha molto a che vedere con lo sviluppo della democrazia. Il 13 novembre di tre anni fa scoprimmo casualmente in classe che era la giornata mondiale della gentilezza. Ne cominciamo a discutere e a un certo punto domandai a Peter, arrivato l'anno prima dal Sudan senza conoscere l’italiano, chi era stata la prima persona gentile che aveva incontrato. Lui ci pensò un po' e poi risponse sorridendo: “Il mio cane”. E siccome è molto spiritoso, aggiunse subito dopo: “Forse perché capiva l'inglese.”
La sua risposta mi fece tornare alla mente uno splendido scritto di Elsa Morante dedicato ai suoi animali domestici, in cui afferma che è nel loro essere «immuni da capacità di giudizio» che abita il carattere più amabile che distingue gli altri animali dall’uomo; ed è qui che risiede soprattutto la grazia della loro compagnia. «Una consolazione non dissimile è pure concessa agli adulti della specie umana durante la primissima infanzia dei loro nati – prosegue Elsa Morante. – Ma su questi, purtroppo, ad ogni giorno che passa, sempre più l’albero della scienza del bene e del male stende la sua ombra. Ed è quest’ombra che oscura le nostre più care conversazioni coi nostri simili. La paura di venir giudicati soffoca la sincerità, impaccia gli abbandoni, falsa gli affetti, e logora ogni fiducia». Teniamole a mente queste parole di Elsa Morante, noi che abitiamo la scuola, dove regna sovrano il giudizio. Credo dovremmo essere consapevoli che in ogni classe (e persino nell’educazione a distanza) c'è sempre l'aria condizionata accesa. Siamo noi docenti, con le nostre espressioni, i nostri gesti e il tono della nostra voce a condizionare potentemente l'atmosfera. E infatti bambine e bambini, fin da piccolissimi, cambiano molti loro comportamenti a seconda degli adulti che incrociano e dei loro alterni umori. I bambini sono straordinariamente esperti nell’accorgersi immediatamente che aria tira da come noi entriamo in classe, da come camminiamo. A loro basta osservare come appoggiamo la borsa per intuire che tono avrà la giornata. E allora cerchiamo di non sottovalutare mai il peso educativo che ha il nostro sguardo e il nostro sorriso. Naturalmente non possiamo pretendere di essere tutti i giorni allegri, disponibili, aperti e appassionati, ma abbiamo il dovere professionale di accorgerci quanto il nostro umore influenzi le relazioni reciproche e che, ad esempio, se siamo particolarmente nervosi trasmetteremo inesorabilmente la nostra tensione. Facciamo attenzione a quanto riusciamo a essere gentili con le nostre e nostri alunni, perché forse scopriremo che molte più cose di quanto crediamo accadano in classe per via del nostro umore."



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